VIAGGIO IN INDIA 27.12.23 – 07.01.24

VIAGGI ALLA SCOPERTA DELL’INDIA

TAPPE: DEHLI – VARANASI – SARNAT – BODHGAYA – KOLKATA

QUANDO: dal 27.12.23 al 07.01.24

RACCONTO DI VIAGGIO

Giorno 1 – 27.12.2023 VENEZIA – DEHLI

Sveglia alle 4.20, ritrovo alle 5.30 dove il pulmino ci aspetta. 

Siamo un po’ in anticipo e in effetti arriviamo a Venezia alle 6.30…ma siamo in viaggio e il motto è “senza pensieri”.

Ancora non realizziamo cosa sta per accadere e tanto meno che domani ci troveremo a New Dehli…intanto partiamo, ci conosciamo e…cerchiamo di dormire. Abbiamo fatto scalo a Istanbul, abbiamo quasi 6 ore di attesa e due donne coraggiose del gruppo hanno scelto di andare a visitare la città…io, con il resto del gruppo, le attendiamo in aereoporto, pronti ad ascoltare la loro avventura alla corsa (forse nel vero senso della parola 🙃)per Instanbul! Arriveremo alle 4.40 a Dehli per cui la giornata sarà lunga e dobbiamo farci trovare preparati…siamo pronti a viverci questo viaggio!

Giorno 2 – 28.12.2023 DEHLI

Finalmente arrivati a destinazione! 

Dopo circa 16 ore di viaggio (tra volo, scalo e recupero bagagli), abbiamo messo piede in terra indiana 🇮🇳.

La notte è stata dura, non abbiamo avuto modo di dormire molto ma solo piccoli pisolini… d’altronde arrivare alle 4.40 del mattino (circa mezzanotte in Italia) non permetteva di più ma arrivati all’hotel abbiamo avuto modo di crollare per qualche ora e prepararci così alla prima giornata di approccio all’India, soprattutto per chi non c’era stato prima…e devo dire che l’approccio è stato abbastanza chiaro. L’India non si fa attendere, si mostra da subito così com’è: insolita, caotica, nebbiosa, divertente, spaventosa nel suo mettere alla prova!

E così usciamo dall’aereoporto dove Hayat ci attende per accompagnarci in albergo, tutto, come sempre, è bel organizzato. In mattinata avremmo dovuto andare a visitare l’orfanotrofio Children of the world ma purtroppo molti bimbi sono malati, quindi, essendo il primo giorno, forse è meglio non rischiare…almeno abbiamo avuto modo di riposare, dopo un’abbondante colazione all’Ashok Country Resort.

Alle 12.00 arriva Durga, la nostra prima guida per accompagnarci nel famigerato mondo della “Old Delhi”, dove tutto è il contrario di tutto, dove le culture si uniscono nella varietà e dove la vita sembra stordirti nell’andirivieni di odori, colori, persone, sguardi amichevoli e sguardi furbi di chi tenta il colpo…sembra di essere nel far west all’indiana!

Andiamo immediatamente a mangiare, uscendo dal pulmino in corsa, come dei gangster accompagnati dal protettore…che folla! Che ansia! Che meraviglia!

A colpi di spalle cerchiamo di non perderci per arrivare al ristorante Kirim, un tipico ristorante indiano molto buono ed economico che apre le danze alla cucina tradizionale di spezie, cumino, curry, masala, verdure e riso bianco…l’agio non è ancora di casa e ci troviamo a riflettere e a sorridere se sei il caso o meno di bere su quei bicchieri appena sciacquati 🤭…non sia mai! Eppure qualcuno ha tentato e al momento sembra stare ancora bene.

Ripartiamo a piedi verso la Moschea, la più grande dell’India. Nello scorso viaggio eravamo riusciti a vederla da fuori mentre stavolta, arrivati per tempo, abbiamo avuto modo di entrare. Come di consuetudine ci togliamo le scarpe e ci copriamo con una tipica veste…”avete salviettine umidificate?”…arriva una voce tra la nostra piccola folla…eh sì, è il primo approccio a piedi nudi in un luogo sacro e l’umiltà nella visita si esprime anche così…il pavimento in marmo un po’ freddo ma tutto sommato rincuora in fatto che tutto sia “ben” pulito (almeno nella moschea 😉)…e poi qui la gente si distende a terra ad accogliere i caldi raggi del sole o per un pisolino…cosa sarà mai!

Usciti ci aspettano i giovani prodi dei ciclo rickshaw…in fila parlocchiano tra di loro e noi intanto ci infiliamo nei loro discorsi, sedendoci comodi nei nostri posti. Pronti…partenza…via! Inizia il tour tra le vie dell’Old Delhi, così piccole e trafficate che ci si chiede come facciano a non scontrarsi o anche solo a rimanere calmi in tutta questa confusione…in Italia probabilmente sarebbero volate…polpette (per non dire altro)… esperienza comunque da provare!

Quanti piccoli scorci di negozietti artigianali e commerciali, spezie, abiti da sposa, colori e preziosità…ecco, questa è l’India che volevamo vedere, la vera vita quotidiana, tra lavoratori, ricchi e poveri, vagabondi, cani, topi(non molti eh!), pellegrini di ogni genere e razza…”be careful”, ci ricorda la guida!

Ci fermiamo un attimo per qualche speziato acquisto per poi riprendere la visita al Sikh Temple e fare il secondo giro a piedi nudi in questo generoso luogo che vive di offerte e di servizio al prossimo. Vedere le cucine è sempre un bel momento per comprendere quanto lavoro occorre per dare a chi ne ha di bisogno o ai devoti che passano per vedere il “Great Master”, un libro venerato come maestro dalla religione Sick.

Iniziamo a dare cenni di svenimento…la stanchezza inizia a farsi sentire…direi che è ora di rientrare.

Una doccia calda, una buona cena in albergo e via a letto…e per me una sorpresa! 😍

Sonu, l’autista dello scorso viaggio, dopo averlo avvertito del mio arrivo a Delhi in giornata, decide di venirmi a trovare e con grande gioia lo aspetto per un forte e caloroso abbraccio…questa è una delle bellezze che l’India mi ha lasciato lo scorso viaggio: l’amore, il rispetto e i valori di un’amicizia che può varcare i confini di territori lontani! Nei cuori siamo tutti uniti anche se a volte ci sono dei confini che sembrano definirli ma che di definito, quando si vive in questa dimensione, c’è ben poco, se non solo tanto spazio.

Grazie India, grazie Delhi 🙏

Giorno 3 – 29.12.23 DEHLI – VARANASI (volo interno)

Sveglia alle 6.00 per iniziare la giornata col piede giusto e prepararci alla meditazione delle 6.30…l’intento sul quale la meditazione è focalizzata è quello di poter partire. Infatti ci hanno avvertito che, causa nebbia, il nostro volo per Varanasi potrebbe essere posticipato o addirittura annullato. So che l’organizzazione ha sempre e comunque tutto sotto controllo ma sentiamo forte il desiderio di conoscere questa città così tanto decantata per il suo misticismo che “perdere tempo” non è nei nostri buoni propositi 😉.

La meditazione comunque ha funzionato stemperando quel po’ di nebbia utile per partire.

Il volo interno è stato piacevole, tra una degustazione di paneer (formaggio) con verdure e avvolto dal nan (tipico “pane”) e suoni di mantra in sottofondo (divisione auricolari tra compagni di viaggio), in 1 ora e 35 siamo arrivati. Un emozione sale all’atterraggio…chissà cosa ci riserverà questo luogo! L’emozione sale forte, gli occhi si annacquano…mi sa che il Gange sta già benedicendo il nostro arrivo 🌊

Ci attende Nadim, la nostra guida: un indiano di Bodh Gaya che ci seguirà per i prossimi 5/6 giorni e che soprattutto parla davvero un buon italiano.

Arriviamo all’hotel, il tempo di posare le valigie e partiamo all’avventura. Siamo praticamente in centro, dall’hotel ci possiamo spostare a piedi in viottoli pieni di gente, moto, Tuc Tuc, bancarelle di snack e cani randagi…lungo il Gange i Ghat creano la loro magica e mistica atmosfera e iniziamo ad incamminarci per la prima visita: nulla di organizzato, solo una semplice passeggiata per conoscere il luogo nel quale sosteremo 3 giorni, la sosta più lunga di tutto il viaggio.

Che dire…come si fa a descrivere Varanasi? 

In poche parole posso solo dire cosa il mio cuore sente, più che la versione “paesaggistica” e folcloristica che potete trovare in qualsiasi guida: qui si respira l’India, per quanto l’occidentalizzazione stia facendo anche qui il suo corso; qui puoi trovare i Santi (Sadhu) passeggiare o sostare nei Ghat, qui ti puoi immergere nelle vie trafficate o nascoste a sorseggiare un buon chai tea masala o per ricercare qualcosa da portare a casa a basso costo; qui puoi immergerti nel misticismo dell’Aarti, la benedizione a Madre Ganga, ogni mattina e ogni sera;

Ed è proprio così che termina la nostra giornata, vivendo l’emozione di vedere una grande folla in ammirazione del rituale più importante della città: il ringraziamento a Madre Ganga che dà la vita. Qui tutto ruota attorno alla Madre, la vita stessa in realtà ruota attorno alla madre che la genera…solo che qui riceve onore, dove nella vita di tutti i giorni invece si fatica anche solo a riconoscerla. E così incontriamo una dolce anziana che ci dona la sua benedizione, dispensando rose profumatissime in attesa che le candele lasciate sul Gange con i nostri desideri si allontanino silenziosamente chiedendo a Madre Ganga di sostenerli.

E via di lacrime…lacrime di gioia ma anche di dolore, lacrime che svuotano e puliscono le nostre menti dai pensieri inutili che nella vita ordinaria sembrano così importanti e che qui si svuotano depotenziandosi completamente…e vanno via, anch’essi, tra le acque del Gange…

Rinnovo il mio grazie, India 🙏🌹

Giorno 4 – 30.12.23 VARANASI

Sono passati solo 3 giorni dalla nostra partenza e già sembra siano passate 2 settimane! Abbiamo visto così tante cose e ricevuto così tante informazioni che stiamo perdendo la cognizione del tempo…e per fortuna!

Stamattina sveglia prestissimo, ci siamo organizzati per vedere l’Aarti della mattina dopo l’esperienza della sera precedente. Sono le 6.00 ed è tutto molto più tranquillo e ovattato, c’è decisamente meno gente in giro e anche il rituale sembra essere più delicato, quasi una dolce danza per salutare Madre Ganga e il suo nuovo giorno.

Prendiamo una barchetta per fare il giro dei Ghat, rincorsi da gabbiani alla ricerca di cibo, per fermarci a visitare una moschea che ci permette di vedere dall’alto gran parte della città…un panorama davvero suggestivo! Anche la coltre di nebbia che avvolge la città aiuta a rendere tutto più magico e mistico, i fumi crematori dei Ghat aprono il cuore alla visione di una morte santificata e piano piano la giornata si risveglia nei soliti rumori e attività.

Torniamo all’albergo, il tempo di fare colazione e siamo già pronti a partire a visitare la Batuk School, una scuola di brahmini che accoglie bambini e ragazzi che non hanno le possibilità economiche per studiare. Qui si studiano e si cantano i Veda, i testi sacri di tradizione indiana che questa scuola cerca di tramandare oralmente a questi semi del futuro affinché il messaggio non venga perso. 

I ragazzi sono molto educati e diligenti, il maestro appare come l’educatore che tutti avremmo voluto avere a scuola: un sorriso radiante di gioia e saggezza, disponibile ma anche autorevole…si respira rispetto, un valore che purtroppo nella nostra società si sta perdendo.

Cantiamo con loro, ci emozioniamo per il tempo che ci hanno dedicato, preparando la loro pratica appositamente per noi. Il maestro ci saluta infine con un ulteriore canto e benedizione…quest’uomo rimarrà impresso nelle nostre menti come esempio di integrità e amorevolezza, passione per il suo lavoro: un uomo che ha trovato il suo posto nel mondo.

Ci incamminiamo per le vie commerciali di Varanasi e prima di rientrare, giusto per dare un po’ di brio alla giornata, qualcuno di noi ha avuto l’onore di ricevere  una bella benedizione dall’alto da…una scimmia 🐒😂 (io compresa 😅…e non racconto i dettagli ma vi lascio intendere)…

Beh…oltre alle lacrime per le risate, mi ha fatto ricordare e riflettere su quanto siamo stati fortunati a vivere un’esperienza non così comune per un occudentale!

Riprendiamo il ciclo rickshaw e ci spostiamo per andare alla nostra prima lezione di yoga con un maestro indiano, organizzata per le 17.00. Questo Baba è un uomo di circa 70 anni che pratica in un cortile vicino a casa, il suo stile molto pulito e autorevole, apparentemente semplice, ma sappiamo bene che nello yoga è proprio dalla semplicità che si apprende.

Terminiamo con un po’ di shopping…Varanasi accoglie negozietti a basso costo di qualsiasi cosa e ne vale davvero la pena. Con i ritmi vissuti fin’ora questo è il primo momento di cui approfittare, oltre che dello shopping, anche di un buon chai tea masala in tazzina usa e getta di terracotta…perché si, non hanno i bicchieri di carta come da noi e almeno per questo possiamo dire che la natura fa un riciclaggio più naturale…per il resto mettiamo tutto nelle mani di Brahma 🙄.

Giorno 5 – 31.12.23 VARANASI

È sabato, il numero di cremazioni è aumentato e l’inquinamento che procura di fa sentire. Non c’è odore nell’aria ma si avverte che l’atmosfera è più pesante e viene dalla nebbia assorbita.

Stamattina iniziamo con calma, alle 9.00 siamo pronti a partire per l’Aghori Baba Ashram, un ordine monastico molto particolare di sadhu shivaiti impegnati in rituali tantrici dove la morte è il valore principale. Li si trova girovagare solitamente nei Ghat completamente ricoperti di cenere, nudi o con poche vesti. Un tempo praticavano il cannibalismo 💀, mangiando la carne dei cadaveri umani prelevati dai Ghat di cremazione…diciamo che sono un ordine molto estremo e che “sfortunatamente” abbiamo avuto poco modo di conoscere in quanto in questo momento sono in pellegrinaggio verso altre città. La loro storia però ha un ché di affascinante, come anche le loro pratiche ritualistiche…sono ciò che nella mia mente si proiettava una certa idea di India un po’ di tempo fa, quando ancora non avevo avuto modo di visitare tante altre bellezze.

Prendiamo l’autobus per spostarci a visitare ora l’ospizio delle vedove, per conoscere la storia delle donne indiane, che con la perdita del marito si ritrovano spesso abbandonate e non in grado di mantenersi. Il luogo al nostro arrivo è silenzioso, molte donne stanno ancora riposando e in silenzio ci rechiamo nell’altrio di entrata dove in ogni angolo troviamo appesi ritratti di grandi maestri spirituali, lì per sostenerle e ricordare loro che non sono sole. Entriamo in una stanza dove vediamo una donna riposare completamente avvolta dalle coperte, non si può muovere perché molto anziana, quasi 100 anni! L’istinto che sorge è di benedire questa donna così forte che la vita ha portato a sopravvivere per così tanto tempo in una condizione, quella di vedova abbandonata, sicuramente non facile…un grande esempio di una grande forza d’animo 💪.

Ormai l’ora di pranzo è passata da un po’ e iniziamo ad avvertire un po’ di fame…decidiamo di spostarci al primo ristorante che abbiamo testato al nostro arrivo a Varanasi ad Assi Ghat, non lontano dal nostro albergo. È un localino piccolo, frequentato molto poco o quasi mai da stranieri, ma sicuramente da apprezzare, non solo per il buon cibo ma anche per i buoni prezzi…anche se devo dire che tutto sommato in questo viaggio stiamo spendendo davvero molto poco per mangiare, la nostra guida sa dirigerci bene verso i locali giusti non turistici…chiaro che dobbiamo fare un po’ di attenzione ma fin’ora, tutto sommato, non è ancora stato male con l’intestino 😏…

Il tempo di finire il pranzo e ci dirigiamo verso l’esordio della nostra serata di fine anno…stiamo per vivere una grande esperienza di pratica di Nada Yoga, lo yoga del suono, con Deobrat Mishra, artista indiano conosciuto in tutto il mondo per la sua maestria con il sitar, strumento indiano da un suono meraviglioso che ha il potere di farti entrare dalla porta principale nella tradizione musicale indiana: suoni languidi e raffinati mescolati allo stile caratterizzante di Mishra…da vivere!

Sono ormai le 20.00…il gruppo si divide in coloro che sentono l’esigenza di riposare dopo giorni senza sosta e gli impavidi che tentano l’immersione nella vita mondana varanesina, provando a mimetizzarsi tra la folla…cosa che è risultata impossibile, chiaramente…eravamo noi l’attrazione da cartolina! Abbiamo pure tentato, scherzando, di chiedere 10 rupie per una foto con noi e…dei ragazzi sarebbero pure stati disposti a pagare 🤭…ci siamo fatti insieme qualche risata entrambi divertiti. L’esotico è per loro un’attrazione grande, soprattutto per coloro che arrivano dalla provincia e che non hanno quindi avuto spesso modo di vedere facce diverse dalle loro, se non in fotografia…

Scegliamo di cenare fuori in 6, guida compresa…ormai Nadim fa parte del gruppo, è come un italiano trapiantato in India. Visto i costi delle scorse cene, per una sera decidiamo di fare gli spavaldi e di concederci una cena di alta cucina in un locale centrale alla via commerciale di Varanasi. Siamo gli unici stranieri anche qui e subito non passiamo inosservati, con famiglie che chiedono di immortalare il momento più magico probabilmente per loro dell’ultimo giorno dell’anno…sapessero chi hanno avuto la “fortuna” di incontrare 😂!

Arrivano piatti colorati e buonissimi, menù già composti che decidiamo di dividere tra di noi…ormai andando avanti a riso, roti e salsine squisite alle quali non sappiamo dire di no, non abbiamo moltissima fame ma come sempre il gusto del cibo e la voglia di stare insieme hanno la meglio e spazzoliamo via quasi tutto…il resto verrà lasciato ai senza tetto fuori, tra le vie.

Con fatica troviamo un “toto”, un ciclo rickshaw a motore; è tardi e la città inizia a svuotarsi. Arriviamo in albergo e proviamo a sentire se qualcuno degli altri è sopravvissuto al sonno per terminare insieme l’anno e farci così gli auguri…non abbiamo altro che del tè da preparare: ci ritroviamo quindi come dei liceali in gita in camera dei compagni di classe ad attendere la mezzanotte, gente sobria con la tuta e del tè nero nella mano…chi può volere di più? Per noi il viverci tutte queste esperienze è sufficiente per comprendere quanto sia bello sentirsi così stanchi e felici insieme…per cui ora tutti a letto! La festa è finita e domani è un altro giorno!

Giorno 6 – 01.01.24 VARANASI – SARNAT 

Sveglia alle 7.00, ci dobbiamo preparare per Sarnat, un piccolo villaggio poco lontano da Varanasi.

Prima però è il momento della Puja che ho espressamente richiesto per il gruppo, come simbolo di buon auspicio per il Nuovo Anno ✨. 

Ci incamminiamo quindi verso Assi Ghat dove il nostro brahmin ci aspetta. Sembra un brahmin serio. Ero un po’ preoccupata perché qui in India non tutti i brahmin sono seri e devoti alla loro missione per cui ho dovuto accertarmi più volte che organizzassero per noi qualcosa di davvero sentito…ed effettivamente devo dire che la Puja ci ha fatto vivere un’altra interessante esperienza: non avevamo coraggio a mettere i piedi in Gange ma se richiesto dalla Puja non abbiamo che da onorare 🌊…

Prendo quindi il contenitore di rame da immergere nel Gange per raccoglierne l’acqua, ci incamminiamo tutti assieme verso la riva, vedo visi un po’ sconcertati 😅 ma fiduciosi i ragazzi del gruppo hanno seguito le indicazioni; torniamo al piccolo tempio, ci accomodiamo a gambe incrociate davanti al brahmin e iniziamo a seguirlo ripetendo dopo di lui la preghiera. Passiamo i petali di rosa, come sempre profumatissimi, per poi donarli alle acque di Madre Ganga…quindi immergiamo nuovamente i piedi ma ormai il ghiaccio è stato rotto e potremmo pensare, la prossima volta, di farci quasi un bagno…(non sono sicura sia però un’idea condivisa da tutti 😅).

Partiamo quindi alla volta di Sarnat per andare a visitare Alice Project e le sue attività. Il Progetto Alice è un’associazione non governativa (NGO) regolarmente riconsciuta dal governo indiano con lo scopo di realizzare delle esperienze e delle ricerche per un’Educazione integrata nei villaggi rurali di tre degli stati più problematici dell’India, offrendo quindi un’educazione e istruzione di alta qualità anche per le categorie più povere, valorizzando l’aspetto multiculturale e plurireligioso.

Appena entrata mi sale l’emozione, fatico a trattenere le lacrime, i ragazzi ci accolgono con profumatissime collane di fiori di tagete e con sorrisi felici ed emozionati nel vederci, l’ambiente è estremamente armonioso tanto da fare respirare “solo” pace, devozione e amore per l’intento del progetto. La prima cosa che ci presenta è una grande Stupa circondata da bandierine e avvolta dai suoni dei mantra tibetani che si mantengono permanentemente per tutto il tempo. Questa visita mi sta molto a cuore: anche con l’associazione Matrika stiamo tentando di portare un messaggio simile con un progetto educativo chiamato Albero di Pipal. Il valore di questi progetti è quello di coltivare il seme umano dando valore al sacro della vita e a vie didattiche integrate con pratiche anche di natura concentrativa e spirituale. 

Io ne esco pervasa, nutrita, scioccata ma anche altamente rincuorata…il sapere che esistono progetti così mi riscalda il cuore ❤️. Inoltre il progetto è stato fondato da un italiano che ha speso gran parte della sua vita e delle sue proprietà, riconoscendo così tutto ciò come un Dharma da seguire.

Visitiamo la struttura partecipando poi ad una lezione di matematica dove l’approccio è molto diverso rispetto alla scuola tradizionale, dove si cerca di utilizzare al meglio tutto il potoenziale di raccolta informazioni dell’essere umano, con un grande utilizzo del tocco e della visualizzazione…un’esperienza unica!

Insieme ai ragazzi ci sperimentiamo in una lezione di yoga con uno degli insegnanti che prima di diventare un educatore è stato uno studente della stessa scuola.

Molti degli insegnanti all’interno della scuola hanno fatto lo stesso percorso e questo fa comprendere ancora di più quanto per questi ragazzi questo progetto sia importante diventandone i portatori dei sani e pacifici valori…ecco i semi che si esprimono!

Ci fermiamo per pranzo per poi avviarci al sito archeologico dove andiamo a visitare il grande Stupa dove il Buddha, dopo aver raggiunto l’illuminazione, tiene il primo sermone ai primi discepoli. Il luogo è nettamente più turistico, ma comunque di un turismo nazionale, non si vedono molti europei. Infatti diventiamo quasi noi l’attrazione, più che lo Stupa, e in molti ci fermano per fare qualche foto. Da come ci ha raccontato Nadim, loro utilizzano queste foto tendenzialmente per aumentare i followers nei social anche se si nota la gioia di vedere il diverso che solitamente non si vede e che diventa per loro un’icona da sognare: il sogno occidentale, dove tutto apparentemente è ricco e senza problemi…è ben chiaro che non sanno che la realtà è ben diversa e che siamo ben lontani anche noi, come loro, nel trovare la realizzazione della nostra felicità, che come spiega anche il Buddha, è nella “Middle Path”, la via di mezzo.

Rientriamo a Varanasi, il traffico ad un certo punto diventa insostenibile, non riusciamo più a muoverci con l’autobus per cui decidiamo di andare a piedi, che sicuramente arriviamo prima. Ecco un’altra spettacolare esperienza di vita e di morte: attraversare la strada principale, dove il senso è al contrario rispetto al nostro, dove i clacson stordiscono e ogni Toto, auto, motorino, ciclo rickshaw si fanno spazio lasciando appena qualche centimetro di passaggio. Ne usciamo vincitori, soddisfatti, divertiti e con le lacrime agli occhi, un po’ per il divertimento, un po’ probabilmente anche per lo scarico di tensione 😂.

Ci facciamo una doccia e ci aspettiamo nel terrazzo del ristorante dell’albergo per la cena. Serata tranquilla, dopo tante emozioni un po’ di pausa è necessaria.

Giorno 7 – 02.01.24 VARANASI – BODHGAYA

Ci diamo ritrovo alle 8.00. È ora di salutare Varanasi, città sacra agli induisti, e la sua cultura, per trasferirci a Bodh Gaya, patria del buddhismo in India. Ma…partiamo o non partiamo? Questo è il problema!

Sembra ci sia uno sciopero dei camion ma dopo un primo dubbio, alle 8.30 carichiamo i bagagli.

Facciamo a tempo a percorrere 2 ore di trada che dobbiamo fermarci: il blocco è a 300 metri da noi e non si va più avanti.

Nadim mantiene il sangue freddo, ci dice che non sa quando lo sciopero finirà e che potrebbe volerci anche tutta la giornata…si trafila la possibilità di tornare indietro, a Varanasi…fiduciosi però attendiamo un po’ e nel frattempo facciamo scorte, sia mai che rimaniamo senza cibo 🤦🏻‍♀️; in ogni caso siamo qui anche per assaggiare la vita indiana e guarda caso vicino abbiamo proprio un negozietto di snacks 😉.

Ecco che carichiamo l’autobus di pacchettini carichi di cose dolci e salate, tipiche indiane e cominciamo ad occupare il tempo…ma…straordinariamente tutto in un attimo si sblocca e ricominciamo il nostro viaggio.

Dovevamo arrivare per pranzo a Bodh Gaya ma il viaggio si è allungato di 4 ore circa…ci fermiamo quindi in un ristorante lungo la strada. Tutto è deserto, anche il ristorante, all’interno del quale c’è solo una squadra di cuochi e camerieri pronti a coprire 100 tavoli…invece, ci siamo solo noi! Tutti sono molto servizievoli e finalmente, dopo giorni di riso come base del piatto, ci vengono proposti dei noodles con verdure molto buoni.

Dopo aver discusso un attimo per il conto in cui ci è stato addebitato anche il pasto del nostro driver (che da quanto ho capito in India non paga 🤔), la nostra guida si accinge entusiasta a proseguire il trattato sul matrimonio in India. Nadim quest’anno si sposa ma non è stata ancora ufficializzata la sua fidanzata. Secondo la tradizione qui i matrimoni sono ancora combinati tra le famiglie, circa più dell’80%, anche se la società si sta aprendo anche ad accettare il matrimonio per amore, ancora però con qualche resistenza.

Il viaggio prosegue tra chiacchere e filosofie sui massimi sistemi per arrivare a Bodh Gaya verso le 16.30, dopo 8 ore circa, fermate accessorie comprese.

In questi giorni il Dalai Lama è presente in città e questo evento ha richiamato un numero impressionante di monaci dal sud e soprattutto dai confini al nord dell’India. L’energia che si respira è grande, mi sento fortunata di potervi partecipare e assorbirla…non capita tutti i giorni di venire a Bodh Gaya, tanto meno in presenza anche del Dalai Lama. Abbiamo chiesto a Nadim di farcelo conoscere, lui è nativo della zona, ma siamo stati così impegnati in questi giorni qui che non ci è stato possibile 🤭…peccato però! 

Lasciamo i bagagli in albergo e accompagnamo Nadim a lasciare i suoi a casa dei suoi genitori. Ci si presenta una famiglia musulmana di alta casta, molto gentile e cordiale che salutiamo però velocemente per andare a visitare il Tempio di Mahabodhi prima che chiuda…eravamo decisamente in ritardo nella tabella di marcia ma l’esperienza dello sciopero dei camion ci ha permesso di sfoderare la qualità dell’adattamento a questa terra dove tutto ha un ritmo molto più calmo e blando…anche se dipende dai punti di vista 🙄…Nadim corre invece di camminare!

E correndo, in uno slalom tra monaci, gente locale, bancarelle, poveri per strada che chiedono costantemente elemosina, arriviamo finalmente in zona blindata! La prima che incontriamo in questo viaggio.

Effettivamente questo luogo, oltre ad essere meta di pellegrinaggio, è anche un attrattivo luogo turistico e la sicurezza qui di sicuro non manca. La guida ci racconta che nel 2013 è avvenuto un attentato con 3 bombe per cui hanno dovuto aumentare i controlli, soprattutto se pensiamo che in questi giorni il quantitativo di persone è esponenzialmente aumentato.

Togliamo quindi tutti i dispositivi elettronici, passiamo attraverso due metal detector, ci togliamo le scarpe, come abbiamo fatto fin’ora in ogni luogo sacro o in cui viene richiesto rispetto ed entriamo in questa bolla all’interno della città, dove tutto è pulito e ordinato, si odono canti nella sera ormai avviata e le luci fanno da sfondo nel produrre un’atmosfera mistica attorno allo Stupa principale. Questa costruzione è straordinaria, alta 50 metri e tutta intarsiata. Mi emoziono. Non so dire se mi sento a casa ma avverto un sentire molto forte, quasi magnetico per questo luogo, lo sento caldo, potente, avvolgente…e non posso fare altro che prosternarmi a tanta energia. Chiedo così, a chi vuole del gruppo, di fare qualche prosternazione all’entrata del tempio che si trova all’interno dello Stupa.

Iniziamo poi il giro attorno allo stesso, dove troviamo monaci intenti a meditare e altre persone che in silenzio fanno i consueti giri attorno al monumento. Decidiamo di fermarci un attimo per una meditazione di 15 minuti sotto l’albero della Bodhi, l’albero dove è avvenuta l’Illuminazione del Buddha per lasciarci attraversare da tanta santità, nella gratitudine di trovarci in questo luogo benedetto assieme a così tanti monaci che pregano e che con i loro canti intonano melodie profonde che penetrano le nostre anime 🙏 .

L’albero non è quello originale, anche se comunque molto vecchio. Questo che vediamo è la 4^ generazione: purtroppo uno è stato fatto tagliare dalla moglie di Ashoka, imperatore di cui lei era gelosa in quanto passava più tempo con l’albero che con lei, uno è stato raso al suolo dai saccheggiatori, uno è morto spontaneamente mentre quest’ultimo è ancora ben rigoglioso.

Riprendiamo i giri attorno allo Stupa ed eseguiamo la ritualità di appoggiare il capo nella piera che avvolge l’albero per acquisire l’energia della Bodhi…chissà che aiuti, un po’ di saggezza in più in questa terra non fa mai male! Passiamo poi ad osservare gli altri Stupa più piccoli tra i quali cerchiamo di fare uno slalom silenzioso tra i monaci in preghiera che sono arrivati qui in pellegrinaggio e che si stanziano per giorni a meditare in questo luogo sacro…non c’è molto spazio per passare per cui in alcuni punti dobbiamo fare davvero molta attenzione, pensate alla gente che c’era!

Tutto questo traffico però è affascinante, non è come in città dove regna il caos più assoluto, qui tutto è ovattato e pacifico e soprattutto scandito al ritmo dell’”Om Mani Padme Om” che fa sollevare l’Animo verso altre e alte sfere…

Non vorrei più uscire da qui, sarei rimasta tutta la notte, ma mi sono ripromessa che alla prossima occasione una notte in tenda come i monaci qui dentro a meditare la organizzo.

Ci spostiamo all’uscita pronti per la cena. Nadim desidera portarci nei luoghi da lui solitamente frequentati quando è a casa e così ci avviamo ad un ristorante dove preparano pietanze di qualsiasi origine, soprattutto tibetane. Anche qui troviamo monaci che condividono il tempo, tra un tè al limone e zenzero o una cioccolata calda oppure cenando in compagnia. Sono tutti spensierati, felici, e lo siamo anche noi…ma come da italiani doc ci facciamo riconoscere subito 🤦🏻‍♀️ e la nostra guida non è da meno essendo un indiano che ama la cultura italiana…

Giorno 8 – 03.01.24 BODHGAYA

Sveglia alle 7.00 per incontrarci alle 7.45 nella hall dell’albergo. Mi sveglio spontaneamente alle 6.50 circa con in testa il mantra tibetano “Om mani padme Om”, uscendo delicatamente da un sogno in cui mi trovavo assieme a dei monaci tibetani…peccato non riuscire a ricordarlo tutto ma sicuramente l’energia di questi giorni di passaggio del Dalai Lama e di centinaia di monaci che sono venuti appositamente per l’occasione, ha senz’altro innalzato le frequenze di questo luogo già avvolgente.

Ci incamminiamo verso la statua gigante del Buddha, alta circa 20 metri, dove Nadim, la nostra esperta guida, ci racconta la storia della costruzione avvenuta in 10 anni e sostenuta proprio dal Dalai Lama, all’interno della quale a volte si rifugia a meditare.

Ci spostiamo a piedi, i templi sono così tanti che ad ogni angolo ne trovano uno per cui abbiamo dovuto fare una scrematura e abbiamo scelto di visitare per primo il Tempio Tibetano Karma Kagyu dove alcuni monaci stanno pregando all’interno…il suono che viene prodotto è ipnotico e le opere all’interno sono meravigliose. Adoro l’architettura tibetana, i colori forti carichi di contrasti ma anche solidi di presenza. L’architettura rispetta molto bene la sensazione che avverto ogni volta che vedo un monaco tibetano: avverto solidità, presenza, forza. Emanano un’aura che sembra provenire da un’altra dimensione, un po’ come i loro dipinti, così marcati e al tempo stesso “fantasiosi” nel rappresentare i simboli di questa filosofia.

Ci spostiamo al Tempio buddhista buthanese, anche qui l’architettura lascia senza parole: è differente esternamente dalla tibetana ma i dipinti all’interno si somigliano molto, forse perché i 5 colori di base utilizzati sono sempre quelli, ma la bellezza di questo tempio sono i bassorilievi al suo interno e i meravigliosi mandala del soffitto…queste opere sono preziosissime in quanto nei colori viene inserito anche dell’oro che dona una luminosità senza pari.

Il terzo tempio che visitiamo è quello vietnamita ma possiamo osservarlo solo dall’interno perché chiuso al pubblico.

Ci organizziamo quindi per un po’ di shopping…Bodh Gaya è ben organizzata su questo fronte, ci sono negozi e bancarelle ovunque, tutte, o quasi, rigorosamente di matrice tibetana e buddhista. Ci sono negozi “autentici”, come ci ricorda costantemente la nostra guida, originaria proprio di Bodh Gaya, e lui sa molto bene dove aiutarci a trovare materiale di buona fattura e valore per aiutare l’economia indiana. Qui si trovano statue, grandi e piccole, di qualsiasi materiale, thangka preziosissimi sempre rigorosamente abbelliti con l’utilizzo dell’oro, ciotole tibetane, gioielli, Japa mala, pashmine e scialli…ad un certo punto non possiamo più guardare per non rischiare di portarci a casa un negozio intero 🙆🏽‍♀️…in effetti, ho la valigia che ora scoppia! 🙈…E abbiamo un volo interno da prendere per tornare a Dehli dove i kg sono ben diversi da un volo internazionale…speriamo in bene, altrimenti resto qui 🤭.

Prosegue la nostra giornata con una visita extra organizzata dalla nostra guida. Essendo del luogo sa benissimo quali sono le zone meno battute dal turismo e soprattutto più significative, per cui prendiamo un “Toto” e ci avviamo verso il grande Banyan Tree, una delle tappe in cui il Buddha ha meditato prima di raggiungere l’illuminazione. È situato fuori città e per arrivare bisogna quindi attraversare la campagna ma devo dire che ne vale proprio la pena! Qui non ci sono turisti, l’albero è lì come se stesse in un parco qualsiasi dove tutti possono usufruire della sua presenza…è talmente maestoso che mi verrebbe da arrampicarmi e giocarci assieme ma cerco di contenermi essendo, dopo tutto, un albero sacro…ma secondo me i bambini che girovagano nella zona qualche arrampicata se la fanno, le “liane” che scendono portano alla chiamata di Mowgli nella giungla e questi bimbi così vivaci, con questi corpi così esili ma scattanti e la pelle scura sembrano proprio assomigliargli. Ad ogni modo la bellezza di questo albero, oltre a quanto già detto, è che viene definito l’albero che cammina e in India ce ne sono tantissimi. Questo però è il primo che vedo produrre altri tronchi attraverso i suoi rami che scendono a terra arrivando poi a radicare. Tutt’attorno all’albero principale ci sono quindi almeno altri 5 o 6 alberi nati dall’originale, creando una sorta di tempio a cielo aperto…la natura è davvero maestra!

Prima di rientrare ci fermiamo in un paio di altre tappe, sempre in periferia e nel tragitto ci lasciamo trasportare dalla piacevole musica indiana scelta dal nostro driver di Toto. Nel frattempo contempliamo i campi coltivati, la vita povera delle campagne, i sorrisi dei bambini che fanno a gara di velocità con il nostro mezzo di trasporto, gli animali, lo sterco delle vacche che viene essiccato e usato come combustibile, per scaldarsi, mangiare e probabilmente anche per smaltire il quantitativo di immondizia 🤦🏻‍♀️. In realtà sembra di essere, in alcuni punti, in un affumicatoio: l’odore della plastica bruciata è molto forte…e purtroppo ancora non hanno sviluppato una cultura ecologica sufficiente da evitare tali danni. Ma anche questo è India.

Rientriamo verso Bodh Gaya, io non ho il coraggio di annusarmi e più ancora di toccarmi i capelli…mi sembra di avere uno strato di catrame in testa (e come non potrebbe essere 🙄?!)…forse l’aria nella periferia di Bodh Gaya è più densa di quella data dalle cremazioni di Varanasi…diciamo che abbiamo bisogno, al ritorno, di una bella ripulita. La possibilità però di vedere luoghi così densi anche di spiritualità e misticismo ripaga di tutto questo, rendendo anche questi disagi il contorno di un’esperienza indimenticabile e profondamente nutriente per l’anima ricercatrice.

Rientriamo per l’ultima passeggiata e l’ultima cena a Bodh Gaya. Nadim ci porta in uno dei ristoranti dove è cresciuto e dove la cucina è strepitosa, di tradizione tibetana…questa è l’ultima cena assieme a lui ed avendo vissuto con lui 6 giorni, sembra essere quasi l’ultima cena del viaggio anche se mancano ancora 3 giorni. Nadim domani incontra un altro gruppo di turisti ma sono sicura che non si dimenticherà di noi come noi di lui…ci siamo troppo divertiti e vedere ogni giorno il suo bel sorriso e vivere la sua grande capacità di scherzare anche in lingua italiana ci ha riempito il cuore…anche per lui questa è stata un’esperienza particolare…le guide non sono solite a fare giri poco turistici come il nostro per cui ringrazio nuovamente @Holiram e @Viaggiindia per l’organizzazione impeccabile.

Salutiamo quindi Nadim e ci avviamo all’albergo…la notte abbiamo il treno per Kolkata ma non abbiamo ancora ben capito se arriveremo 😂. Qui i treni hanno sempre come minimo 4 ore di ritardo, per cui chissà a che ora dovremo svegliarci…ci accordiamo per sentirci durante la notte con la nostra guida…per cui potete capire che il riposo, forse, verrà dopo…solo che anche qui, non sappiamo bene quando 😅.

Grazie Bodh Gaya, grazie Dalai Lama che hai riempito la città di tutta questa energia che ci ha avvolti, grazie ai monaci venuti dal nord e dal sud, grazie Nadim che sei stato una guida “autentica” (e qui solo i miei compagni di viaggio possono capire…Sisisisi!)

Giorno 9 – 04.01.24 BODHGAYA – KOLKATA (treno)

Giorno di ripartenza! Questa volta ci accorgiamo ad affrontare l’esperienza del treno indiano!

La sera prima avevamo guardato le previsioni del nostro treno che parte da Dehli per arrivare a Kolkata e avevamo già notato un qualche ritardo. Qui in India sembra sia abbastanza normale, è forse più raro che i treni partano in orario ma stiamo al gioco, basta organizzarsi un po’. Avevamo fissato appuntamento con la guida per trovarci alle 4.00 nella hall dell’albergo, se prima la partenza era prevista per le 3.47, con il ritardo si era tutto posti piatto di un paio d’ore.

Alle 3.30 Nadim mi chiama per dirmi che potevamo stare ancora un po’ a letto, posticipando l’incontro alle 5.30…bene, ancora un paio d’ore di sonno per fortuna!

Sapevo che i mezzi pubblici non sarebbero stati come i nostri e avendo avvertito il gruppo di questo ero anche molto serena, anche perché, alla fine, il ritardo si è rivelato essere di ben 9 ore 😂😳.

Abbiamo quindi apprezzato la colazione del mattino e siamo quindi partiti per arrivare in stazione a Gaya.

Qui attendiamo ancora un paio d’ore, forse anche tre ma il tempo passa: c’è chi legge, chi dorme, chi esce dal pulmino e si gode l’esperienza del massaggiore di vacche e chi, come me, ne approfitta per scrivere.

Arrivati al binario, come sempre, siamo un po’ come le mosche bianche e veniamo circondati da occhi tutto sommato discreti che semplicemente guardano senza chiedere nulla. Se ciò capitasse da noi sono sicura che partirebbe immediatamente una discussione, invece loro manifestano curiosità ma in modo carino, a loro sembra bastare lo starci vicino.

Finalmente dopo la lunga attesa arriva il treno e il destino ha voluto che la nostra carrozza si fermasse proprio davanti a noi, come per dirci: “non preoccupatevi, avete occhi che guardano in giù per voi…benvenuti in India e godetevi il viaggio!”. Quindi entriamo. Parte il via vai di gente e sento una voce non troppo lontana dirmi in un deciso ma tremolante dialetto veneto: “Ale, ma cosa te se vegnesto in mente? (Ma cosa ti è venuto in mente?)”…scoppio a ridere divertita 😂🤭🤣…che bello mettersi alla prova e…riuscirci!!! L’esperienza del treno è stata appositamente richiesta da me per permettere al gruppo di vivere l’autenticità indiana anche sui mezzi di trasporto.

Dopo il disagio iniziale ci appostiamo sulle nostre cuccette (avremmo in effetti dovuto dormirci, non pranzarci 🙃) e serenamente ognuno si gode il proprio viaggio. Io mi ritrovo assieme al gruppo ma c’è chi si ritrova anche in compagnia della gente locale, di chi russa, di chi telefona in continuazione, di bimbi che piangono o di chi tranquillamente si riposa…temevo un po’ la calca, invece devo dire, almeno per il tipo di treno che abbiamo preso noi, che era come viaggiare nei nostri vecchi treni regionali o intercity…ma abbiamo comunque avuto modo dalla stazione di vedere treni molto più affollati, nulla però di particolarmente disagevole.

Ci appostiamo quindi e ci lasciamo abbandonati a un po’ di relax dopo giorni pieni di emozioni…e io ne approfitto per continuare a scrivere questo piccolo diario di bordo (sono indietro di 3 giorni 😅)

Arriviamo a Kolkata alle 19.00 circa, la stazione è gremita di gente ma fortunatamente abbiamo Sohan ad aspettarci davanti al nostro vagone.

Il servizio offerto dall’organizzazione del viaggio è impeccabile, al di là del ritardo, che non è una loro mancanza, mi rendo proprio conto di quanto in un viaggio di gruppo in terra straniera sia importante avere la giusta organizzazione per permettere a tutti di godersi le esperienze anche in situazioni che possono rivelarsi più “scomode”.

Inizia la nostra prima visita a Kolkata. Ormai è tardi e fatichiamo a vederne l’architettura ma sembra particolarmente grande e soprattutto molto occidentalizzata: tutto in centro città è illuminato per le festività e questa contrapposizione, rispetto a quanto vissuto fin’ora, mi fa realizzare che siamo ormai alla fine del nostro viaggio e che forse la parte piu autentica dell’India è già stata esplorata.

Arriviamo all’albergo, mettiamo giù le valigie e ci organizziamo a cercare un locale per poter mangiare e ci avviamo così, da soli, per le strade della città alla ricerca di un ristorante Thailandese (queste le richieste del gruppo dopo giorni “piccanti” 😝); peccato che il più vicino trovato fosse pieno…la fame si fa sentire, dopotutto a pranzo, in treno, non abbiamo mangiato poi molto, pertanto optiamo per il primo locale aperto: una sorta di locale multifusion con vasta scelta: messicano, indiano, italiano, sandwiches…tutto rigorosamente cosparso di masala 😅, anche le patatine fritte!

Rientriamo verso l’albergo. Mi aspettavo di vedere una Calcutta molto più simile a Dehli, invece osservavo quanto lo stile inglese, per quanto fosse buio, si facesse notare e nella contemplazione vediamo qualcosa di nero attraversare il marciapiede 😱…negli altri luoghi visitati, per quanto molto più disagevoli nell’organizzazione urbana, non avevo mai avuto modo di vedere carini “topolini” girovagare, mentre a Calcutta sembra abbiano stanziato casa nel sottosuolo.

Vediamo domani cosa ci attende e soprattutto se la città sarà all’altezza dello standard esperienziale vissuto fin’ora.

Ora iniziamo ad essere particolarmente stanchi, il sonno, dopo il lungo viaggio e la notte quasi insonne, si fa sentire…è ora di riposare e recuperare forze.

Giorno 10 – 05.01.23 KOLKATA

Oddioooo siamo a Kolkata! E non so da dove partire per descrivere tutto ciò che i miei occhi hanno visto 😳.

Arrivando ieri con un ritardo di 9 ore, non siamo riusciti a rispettare il programma giornaliero per cui oggi abbiamo tentato di recuperare.

Ritrovo alle 8.00 con Bosch, la nostra guida a Kolkata. Con un fare english e professionale cerca di fare il possibile per incastrare ciò che ci manca di vedere da ieri. Lui è nativo di Kolkata e sembra che in lui lo stile vittoriano della città sia stato vivamente incarnato nello stile ma non nella sua andatura lenta e pacifica data invece, probabilmente, dai geni indiani.

Ci racconta prima di tutto il significato di Kalikata, cioè la città di Kali, nome che è stato poi storpiato dagli inglesi in Kolkata, Calcutta per noi italiani.

Come si deduce dal nome, Kali è la divinità qui venerata e il templi si trovano sparsi un po’ ovunque.

La prima cosa che notiamo a Kolkata è la temperatura: qui fa caldo, sono sicuramente più di 20°, tanto da poterci mettere finalmente la scorta di t-shirt che avevamo portato pensando fosse un po’ più caldo anche nelle altre zone (lo sarebbe stato solo che in questo periodo, un po’ ovunque nel nord dell’India, per 1 mese regna la nebbia).

Ecco…qui mi manca il fiato…non so da dove iniziare…tour denso, rapido, bellissimo ma anche, in un certo senso, disgustoso…gli estremi a Kolkata non si fanno attendere…sembrava una città così moderna, e lo è, che pensavamo quasi non valesse la pena di vedere, invece ci ha mostrato anche tutto il suo altro lato, quello dei lavori pesanti ma anche dei poveri ed emarginati, quello dei colori e dello sfarzo ma anche del decadimento.

Insomma, Kolkata ci ha realmente stupito e ha mantenuto lo standard del viaggio altissimo, emozionandoci profondamente.

Il primo appuntamento è iniziato al mercato dei polli, assolutamente disgustoso ma affascinante (dipende dallo sguardo che si vuole porre), l’aria, in alcuni punti era irrespirabile…a Kolkata finalmente ho capito perché si parla degli odori dell’India: qui li si trova proprio tutti, cosa che fin’ora, tutto sommato, abbiamo trovato in modo molto contenuto.

Passeggiando per le vie è meraviglioso vedere quanta vita contiene questa città: bancarelle ovunque di frutta, verdura, pesce, latrine e uomini che si fanno la doccia a cielo aperto in piccole vasche riempite di acqua del Gange, panni stesi in mezzo alla polvere, street food…i sensi non si annoiano!

Visitiamo un’antica casa di nobili in stile coloniale inglese, a Kolkata, è l’architettura caratteristica essendo stata capitale durante la colonizzazione.

Andiamo poi al mercato della carne, dove il bestiame è appeso per essere macellato oppure vivo ma pronto per essere sacrificato allo stomaco; ci spostiamo al mercato della frutta carico di arance, il frutto di stagione che riempie ogni bancarella, passando sopra ad un terreno di bucce dove nessuno si preoccupa di buttare anche qualche contenitore di plastica; il mercato dei fiori, colorato e profumato…non ho mai sentito profumi così buoni come quelli dei fiori indiani, che riuscivano a coprire, come gli incensi che ho visto utilizzare spesso, non solo nei templi, gli odori un po’ più scomodi. Un fiore bellissimo che si trova qui è l’ibiscus, il fiore della dea Kali, grande e di un bellissimo colore rosso acceso.

Le narici sono piene di profumi deliziosi e odori a volte meno invitanti…inizio a snarnutire spesso: spezie, polline e chissà quant’altro…

Passeggiando si odono suoni di rutti, che abbiamo osservato essere abbastanza comuni e senza preoccupazioni nel direzionarli anche in faccia al nostro passaggio 🤣 (non lo fanno apposta, è proprio nella loro autenticità!) e si vedono sparse piccole bancarelle di sostanze per noi probabilmente illecite 😝: qui un venditore arrotola del tabacco condito con un po’ salsa di sconosciuta provenienza, su una foglia, dando a parte un’ulteriore foglia con della calce che i nativi del luogo masticano per poi scegliere se ingoiare il tutto o sputarlo per terra lasciando traccia del loro passaggio. C’è chi lo può trovare poco educato e chi invece ne può rimanere incantato…dipende sempre dai punti di vista 😉.

Passeggiamo per l’affascinante mercato del libro, in zona studentesca, dover è possibile trovare libri usati e antichi di organi argomento. Qui ci fermiamo a mangiare all’Indian Coffee House, un locale molto grande dove poter sorseggiare un buon caffè anziché il solito c’hai tea. Il cibo è buono e il costo economico. Un luogo comunque vissuto poco dai turisti ma molto di più dagli studenti o locali, sorto come luogo di aggregazione per i ribelli che volevano cambiare il mondo: un po’ come un nostro caffè letterario. Affascinante la dedica a Tangoore, poeta nazionale, simbolo della letteratura indiana.

Dopo esserci rilassati e ripresi con un buon caffè (ne avevamo bisogno dopo la traversata in treno e la camminata della mattina), ci spostiamo a visitare il Samadhi, la tomba, di Madre Teresa di Calcutta nella casa madre delle Missionarie di Carità . Questa è la terza tappa “religiosa” che affrontiamo, dopo aver vissuto le pratiche induiste di Varanasi e buddhiste di Bodhgaya e non vedevo l’ora di concludere il cerchio.

Entrando si respira un’aria di pace, l’atmosfera è profonda e gentile e l’umiltà di questa donna è ancora lì, in quelle pareti che ospitano le missionarie. Non saprei descrivere l’onda di energia che arrivava, vorrei dire Amore, Servizio, Devozione ma non so se è sufficiente. Sta di fatto che anche qui si sono scoperchiati dei vasi interiori inaspettati. Vedere la sua stanza, dove pregava, e l’umile museo che racconta della sua vita, fa comprendere molto bene l’animo di questa donna alla quale non serviva nulla perché aveva già tutto.

Dopo questa visita iniziamo a sentirci stanchi, dopo un breve e ultimo shopping di spezie e incensi, alcuni scelgono di rientrare in albergo, mentre io ed altri ci dirigiamo al centro Città Ranjan Samanta per una lezione di Yoga. Entriamo all’interno di questo palazzo dove in una piccola stanza, attende i suoi allievi. Ci inseriamo quindi nella sua lezione che ha appositamente preparato per noi, per mostrarci la sua modalità di trasmettere questa antica disciplina. Inizia con un’introduzione filosofica, come piace a me ☺️, per poi proporci diversi asana che noi tentiamo di riprodurre. Questo mestro è particolarmente ginnico e snodato per cui vi lascio immaginare le difficoltà fisiche che noi occidentali possiamo aver riscontrato, chi più e chi meno 😅. Il rilassamento ci manda subito in altra dimensione…eravamo stanchi, moooolto stanchi!

Al risveglio un buon chai tea al banchetto fuori dal centro yoga ce lo siamo proprio meritati 😋.

Rientriamo in albergo, una doccia veloce e ci prepariamo per l’ultima cena. Scegliamo di vestirci in Indian Style e ognuno sfoggia qualche nuovo acquisto. Prenotiamo ad un ristorante vicino e ci godiamo la nostra serata. Domani abbiamo il primo volo di ritorno per Dehli.

Giorno 11 – 06.01.24

Avrei voluto riposare ancora un po’, invece oggi la mia sveglia biologica ha puntato le 5.30. Mi sveglio con le narici un po’ chiuse e una sensazione di prurito al palato superiore. Credo che tutta la Calcutta che ho respirato ieri stia dando i suoi frutti, inoltre non ho dormito molto e questo non aiuta il mio sistema immunitario.

Non importa, è solo un po’ di simil raffreddore. Scendo per la colazione e mi preparo alle 8.00 all’appuntamento con tutti gli altri.

Oggi sembra essere una giornata più soft, anche perché nel pomeriggio partiamo per Dehli.

Saliamo in pulmino dove l’autista e Bosh ci aspettano.

Facciamo un primo tour molto classico per visitare il memoriale alla regina Vittoria, un complesso monumentale in marmo molto bello, molto grande, molto tutto, un giardino pieno di fiore ed erba tagliata all’inglese, ma….mai utilizzato. Costruito solo per ricordare la regina e il periodo coloniale vittoriano.

Ritorniamo quindi al pulmino per dirigerci al famoso Kali Temple che vediamo purtroppo solo da fuori, anche se abbiamo comunque visto molti altri piccoli templi a lei dedicati. Bosh ci ha raccontato la storia di Kali, manifestazione irata della dea Parvati, moglie di Siva. Fra i molti miti, il più diffuso è quello in cui Kali appare durante la battaglia che infuria fra i deva e i demoni  e in particolare fra Durga e i demoni, allorché Durga incontra un demone che neppure lei riesce a sconfiggere, perché ad ogni goccia del suo sangue che cade a terra sorge un’altro demone subito pronto a combattere. In quel momento, dal sopraciglio aggrottato di Durga, appare Kali, La Dea in grado di sconfiggere tale nemico, in grado di bere immediatamente il suo sangue prima che esso cada a terra.  Kali però è la guerriera che entra nella battaglia senza più distinguere fra buoni e cattivi, fra deva e demoni. La sua forza distruttrice è lanciata al di fuori di ogni legge e regola. Più combatte, più diventa forte e più ‘si ubriaca’ del sangue dei nemici uccisi, tanto che anche quando la battaglia è finita, Kali continua la sua danza di morte. I deva, impauriti, chiedono aiuto a Shiva, consorte della Grande Dea e dunque anche di Kali. Nel mito più diffuso, Shiva, sempre con l’obiettivo di fermarla, si sdraia sul campo di battaglia, ai suoi piedi e Lei si trova su di Lui, si accorge di Lui, lo riconosce. Presa dal senso di colpa, ammette il danno tirando fuori la lingua insanguinata che diventa così un simbolo di riverenza e perdono che tutt’ora gli abitanti di Kolkata utilizzano per chiedere scusa.

Bosh ci ha spiegato infatti come è usuale a Kolkata ricevere qualche linguaccia quando una persona si scusa ed effettivamente, ripensandoci, proprio ieri un signore ha utilizzato questo gesto per scusarsi di essere passato davanti alla telecamera del telefono mentre facevo un video.

Ed eccoci arrivati al momento probabilmente più toccante della visita a Kolkata: la visita all’ospizio/ospedale di Madre Teresa dove vengono ospitati coloro che ormai sono terminali o incurabili. È una tappa che pochissimi turisti valorizzano ed è un gran peccato ma anche un bene. Da un lato può diventare un buon sostegno economico grazie alle donazioni che si possono lasciare direttamente in questa struttura dove hanno solo qualche letto e niente medicinali perché costano troppo, dall’altro lato però potrebbe divenire un’invasione di campo che andrebbe a disturbare la quiete di questo sacro luogo dove la vita viene onorata fino alla fine.

Le infermiere sono delicate e sorridenti, empatiche nel loro porsi nei confronti di questi anziani che hanno solo bisogno di essere ascoltati nell’anima perché ormai il corpo non risponde più bene ai loro comandi, per cui la comunicazione è su altri piani, anche perché i volontari parlano prevalentemente inglese e sono tendenzialmente di provenienza europea e la popolazione, soprattutto i poveri e gli anziani, non comprendono minimamente la loro lingua. Si capiscono però nei dolci gesti e negli sguardi amorevoli che diventano per loro il sale della vita, condito con un po’ di zucchero che addolcisce la loro triste condizione. Una donna, vista la nostra emozione, si agita un po’ ed inizia a piangere…mi apre il cuore ed entra come una freccia precisa e ben affilata ed è lì e lo sarà sempre.

È necessario per loro vedere sguardi felici perché la felicità è contagiosa, come lo è la tristezza e questo le infermiere lo sanno bene, perché per scegliere di mettersi al servizio di queste persone bisogna aver coltivato l’Amore che da gioia e loro la esprimono molto bene.

Emozionati quindi ripartiamo cercando di svoltare pagina ma questo incontro ha annebbiato tutto il resto…passiamo ad un tempio giainista molto sfarzoso e bellissimo, influenzato dall’arte mogul ma…non è bello come l’esperienza appena vissuta e passa quindi in secondo piano.

L’unica cosa che un po’ mi rimette in sesto è il mercato del pesce…ritornando in mezzo alla folla è impossibile non restarne contagiati: la vita prosegue, qui la gente lavora e i gattini attendono il pranzo. Vederne gli arnesi utilizzati nella pulizia e taglio è davvero impressionante. Essendo vegetariana non amo particolarmente queste procedure ma da amante antropologica non posso non permettermi di cogliere questi momenti di vita vissuta.

E ci spostiamo così a vede un’altra arte del posto: la costruzione delle statue per i templi fatte di paglia e argilla del Gange. Qui siamo molto vicini alla Slum, una zona tendenzialmente fatiscente della città che qui, invece, è stata un po’ riqualificata. La gente qui lavora e onora il proprio lavoro anche con grandi soddisfazioni. Le statue qui prodotte hanno vinto anche premi speciali e se ne trovano di tutte le grandezze e fattezze: Kali, Siva, Saraswati…sono davvero particolari! 

L’argilla utilizzata viene prelevata direttamente dal Gange, la cui riva dista appena qualche decina di metri.

È tardi, dobbiamo ancora pranzare perché alle 15.30.ci dobbiamo spostare verso l’aeroporto. Bosh ci porta al Blue Sky Cafè, in un posticino economico dove assaporiamo per l’ultima volta il buon cibo indiano, anche se al tempo stesso iniziamo ad avere bisogno di mangiare un po’ di insalata cruda che qui non abbiamo potuto per evitare di stare male. Qui la verdura viene lavata con acqua non potabile e non buona per il nostro intestino, infatti Bosh dice che dovremmo rimanere almeno 4 o 5 mesi per permetterci di avere un rinforzo intestinale sufficiente per poter mangiare senza pericolo anche quel buon cibo che si trova per strada, almeno quello non cotto o lavato con la loro acqua…il resto, con attenzione, si può fare 😉.

Torniamo all’albergo a prelevare le valigie e ci avviamo verso il ritorno a casa. Il volo da Kolkata è alle 18.45 e arriviamo a Dehli alle 21.05. Tempo di recuperare i bagagli e troviamo subito Hayat pronto a portarci all’albergo: organizzazione super! Abbiamo solo 4 ore per riposare, ne approfittiamo, perché alle 3.00 del mattino dobbiamo ripartire: abbiamo il volo per Venezia!

Cosa ci rimane? Il cuore e l’esasperazione  delle emozioni vissute.

Si, perchè l’India è la nazione del troppo: troppo speziato, troppi clacson, troppo dolce, troppe persone, troppi colori, troppe emozioni! Qui non esiste la mezza via…che dovremmo però trovare al nostro rientro a casa. Intanto ci prenderemo un pò di silenzio per elaborare quel troppo con tutte le bellissime riflessioni che questo viaggio ci ha portato.

Se desideri partecipare al racconto in diretta, venerdì 19 gennaio alle 19.00 ci troveremo insieme a degustarci la serata!

 

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